domenica 5 dicembre 2010

Autoritratto con gatto nero








Passato, presente, futuro.
Il tempo sospeso della fotografia è la sua magia.

Il mio passato è qui adesso, davanti ai miei occhi.
Appeso al muro, a fianco del computer, in una fotografia a farmi compagnia.

E' un mio ritratto all'età di 5 anni.
E' una foto molto intensa, carica di significato, scattata da mio padre fotografo mentre stavo sopra un magnifico albero di fico.
Come l'aristocratico bambino del Barone rampante di Calvino, avevo fatto degli alberi il mio regno di libertà, insofferente e ribelle ai condizionamenti familiari, orgogliosa del mio sguardo sul mondo pieno di desiderio di conoscenza e di spirito d'avventura. Pieno d'amore.

In quell'immagine vedo quello che ero, la promessa di ciò che sarei stata in futuro e poi sono diventata.
Una promessa mille volte infranta e tradita prima di essere mantenuta, e per primo proprio da colui che era stato capace di vedermi in modo così chiaro e profondo, di trasporre fedelmente quell'intensità e reciprocità in una fotografia.

Sono adesso quello che ero allora. Come avrei voluto e vorrei vedermi ancora.

Questa fotografia così silenziosamente presente nel mio presente è il fermo immagine del mito infantile mentre mi sta forgiando, la pepita di felicità che ognuno custodisce per sempre senza saperlo nel buco nero più profondo, la pietra di paragone e la stella polare a cui tornare per ritrovarsi quando si è persi. E' la premonizione e il prologo.
E' l'anima nuda prima di essere coperta e mascherata dai segni lasciati dagli eventi e dalla storia personale lungo la propria esistenza.

E' una foto straordinaria: la prova che essere visti, essere fotografati così può significare un destino quanto quello dell'artista che ne è autore.

La foto preserva per sempre il momento in cui si era sprigionata la magia che ancora emana e perdura.

Questo è il mio ritratto fedele.
Ciò che vedono i miei occhi, il mio autoritratto.
Così posso guardare il passato, posso guardare quella che sono stata e quella che sono adesso.

Ma non posso guardare il futuro.

Il futuro è alle mie spalle, sconosciuto e misterioso, arcano e imperscrutabile come lo sguardo del mio vecchio e saggio gatto nero dalle nove vite, testimone e compagno di viaggio da lunghissimi anni e per un tratto importante del mio cammino in questo mondo.
I suoi occhi non guardano me e nemmeno verso di me.
Il suo sguardo inquieto ha sterzato, sfuggendo il mio, concentrato e attratto da ciò che sta per accadere, verso un futuro appena dietro l'angolo eppure ignoto, almeno a me.

Un gatto ha il potere di vedere le ombre nell'oscurità oltre la luce, oltre il confine del mio mondo attuale, oltre questo tempo piatto e opprimente che è il presente.
Ed io scrutandolo ansiosamente, per salvarmi cerco di carpire, in anticipo di un nanosecondo, ciò che lui vede e che a me non è concesso sapere.

Il futuro non esiste.

L'unico futuro è quello che posso immaginare.
Devo imparare a disegnare. Il futuro è quella pila di fogli bianchi sul mio tavolo che cercherò disperatamente di riempire con i miei progetti.

Per riuscire a tirare fuori quella dannata pepita.

Prima che sia troppo tardi.

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